L’emergenza Coronavirus ha inciso inevitabilmente sulla performance delle PMI italiane, impattando negativamente su quasi 9 aziende su 10. Per questo gli ultimi mesi hanno visto un’accelerazione digitale necessaria, soprattutto in fase di lockdown, per coloro che non sono stati costretti a bloccare per un periodo le attività di produzione.
Lo rivela il nuovo studio fotografato oggi dall’Osservatorio MECSPE, che Senaf ha realizzato analizzando il II trimestre dell’anno in corso. Un periodo senza precedenti, spiega lo studio, che coincide con la piena emergenza Covid-19, e che ha rappresentato uno spartiacque decisivo tra coloro che avevano saputo abbracciare con anticipo il cambiamento digitale e chi si è trovato impreparato, subendo maggiormente gli effetti causati dalla pandemia sull’industria.
6 su 10 salve grazie alle nuove tecnologie
Una spinta a cui 6 aziende su 10 si sono adeguate prontamente, sapendo reagire alla crisi grazie agli investimenti introdotti da tempo in nuove tecnologie, e alla messa in campo di strumenti utili al distanziamento sociale: piattaforme per la gestione da remoto di riunioni e meeting, adottate dal 36%, tecnologie di design per ridisegnare in ottica di sicurezza i nuovi spazi della fabbrica 4.0 (10%), sistemi virtuali che consentono il controllo da remoto di attività operative (7%), fino alle piattaforme di design collaborativo e di simulazione del processo produttivo per lo sviluppo dell’intero prodotto (5%) e alle app e software per localizzare e tracciare i percorsi delle persone presenti in fabbrica (4%).
Sicurezza informatica e connettività le tecnologie da introdurre
La resilienza delle aziende della manifattura, inoltre, si dimostra anche nella scelta, già attuata o in valutazione, di riconvertire la produzione su altri settori (12%), nonché nei provvedimenti tempestivi attuati nel corso della fase emergenziale, tra cui rientrano i piani di sicurezza redatti per evitare i rischi di contagio (55%), l’introduzione di formule di smart/flex working (43%), con il 34% che ha previsto la riduzione dei costi di esercizio, il 29% che ha continuato a investire su innovazione e nuove tecnologie e il 19% che ha puntato sulla formazione aziendale a distanza. Conseguenze che hanno probabilmente portato alla scelta, per quasi la metà, di continuare a investire entro l’anno fino al 10% del proprio fatturato in innovazione, con un 17% degli intervistati intenzionato a spingersi tra l’11% e il 20%.
Andando nel dettaglio delle tecnologie già introdotte o da introdurre entro il 2020 in azienda, gli investimenti si orientano su sicurezza informatica (76%), connettività (73%), cloud computing (53%), internet of things (46%), simulazione (44%), produzione additiva e big data (43%), robotica collaborativa e realtà aumentata/virtuale (36%), intelligenza artificiale (34%), materiali intelligenti (32%) e nanotecnologie (29%).
Puntare su sostenibilità e giovani specializzati
La pandemia da Covid-19 ha messo in crisi i tradizionali schemi di mercato adottati fino a qualche mese fa. Per superare questo momento e tornare a crescere economicamente, quasi 8 imprenditori su 10 ritengono sia importante puntare anche sulla sostenibilità.
Tra gli aspetti su cui ci si sta già muovendo maggiormente, al primo posto risulta la riduzione dei consumi, indicata dal 61% dei rispondenti, seguita da progetti di responsabilità sociale (53%), da un’attenzione all’inquinamento e all’impatto ambientale, così come all’etica nel rapporto con fornitori e clienti (52%). Importanza attribuita anche al sostegno all’economia del territorio (35%), e all’ecosostenibilità dei prodotti (30%).
La nuova fase, all’insegna della rapida corsa dei processi digitali, ha aperto di conseguenza nuove opportunità per inserire e formare più giovani in fabbrica. Se da un lato il 26% preferisce non prevedere al momento assunzioni di questo tipo, il 20% sta valutando di introdurre giovani specializzati nel campo delle tecnologie 4.0 provenienti da ITS o Università o con già un minimo di esperienza lavorativa.