“Una normativa aggiornata sul conflitto di interessi non può non tenere conto delle ricadute del settore digitale sulla politica, in particolare di chi oggi ha una carica istituzionale ed ha collegamenti diretti ed evidenti con società che si occupano di profilare online le persone, o peggio ancora di indirizzarne le scelte in maniera indiretta. Non si può ridurre la politica a marketing”.
E’ quanto spiega il deputato del Partito Democratico Francesco Boccia, che ha illustrato ieri la proposta di legge a sua prima firma sul conflitto di interessi, in cui è compresa la posizione delle piattaforme digitali private.
Key4biz. Il pensiero corre subito alla Casaleggio e a Rousseau
Francesco Boccia. Ogni volta che si tenta di fare una legge sul conflitto di interesse qualcuno si inalbera e ritiene di aver subito un torto. Ma non è una legge ‘contra personam’, si tratta solo di bilanciare gli interessi della collettività con quello dei privati. Io credo che i diritti di tutti i cittadini abbiano la precedenza rispetto alle esigenze di business delle aziende, è la stessa Costituzione a dire che la libertà di impresa non può essere a svantaggio della collettività.
Key4biz. Ma quali sarebbero attualmente i rischi?
Francesco Boccia. Oggi un terzo del parlamento e più di mezzo Governo sono legati a un’azienda privata che utilizza i dati dei cittadini, il conflitto di interesse mi pare chiaro. Se la Casaleggio fosse un partito dovrebbe rendere la piattaforma Rousseau aperta e con un algoritmo controllabile. La proposta di legge punta proprio a colmare questo ‘buco’.
Key4biz. Quindi la proposta di legge cosa prevede?
Francesco Boccia. Semplicemente si chiede di regolare le attività di chi è titolare di una carica pubblica ed è legato a soggetti o società private che utilizzano sistemi di profilazione e di nudging, le tecniche di condizionamento indiretto che fino a ieri venivano utilizzate online solo per scopi commerciali e che, invece, oggi sono usate per influenzare le scelte politiche, tramite l’analisi del ‘sentiment’ dei cittadini. Si applicherebbe a membri del Governo, ai parlamentari e a chi ricopre cariche istituzionali nelle Regioni.
Key4biz. Chi accerterà il conflitto di interessi digitale?
Francesco Boccia. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato accerta la sussistenza della situazione di conflitto di interessi digitale vigila sul rispetto dei divieti conseguenti e promuove, nei casi di inosservanza, la rimozione o la decadenza dalla carica o dall’ufficio ad opera dell’organo competente.
Key4biz. Ma se è permesso in campo commerciale, perché risulta dannoso in politica?
Francesco Boccia. Perchè si altera il concetto stesso di democrazia. Se a influenzare la politica è l’interesse privato – e non più l’interesse generale della collettività – si annulla la dimensione partecipativa, cioè la condivisione di idee e programmi
Key4biz. Si potrebbe anche pensare alle attività del vice premier Salvini e della cosiddetta “Bestia”, ad esempio con la raccolta dei dati collegati all’ultimo “concorso” lanciato online
Francesco Boccia. Ribadisco che non è una legge contro qualcuno, ma è a favore di tutti: i cittadini chiedono alla politica norme chiare ed efficaci, non slogan a effetto che però non sono supportati dai fatti. La norma chiede proprio per questo di fare chiarezza e mettere delle regole anche per le attività online che si occupano di produrre e distribuire news e altre forme di comunicazione. Spesso dietro queste iniziative ci sono motivazioni di natura ideologica o politico-elettorale che hanno un forte impatto sul pluralismo e sulla correttezza dell’informazione. L’effetto è di orientare le scelte degli utenti-cittadini, formando determinate preferenze, o rafforzando quelle già esistenti.
Key4biz. E quindi cosa prevede in concreto la norma per limitare questi rischi?
Francesco Boccia. In parte si segue quanto evidenziato dal Garante per la Protezione dei dati personali, nelle linee guida per la propaganda elettorale e la comunicazione politica: partiti e fondazioni politiche rischiano delle sanzioni salate se violano le norme sulla privacy, a livello nazionale possiamo rendere queste norme più efficaci, credo sia essenziale anche per mantenere la fiducia dei cittadini. A vigilare in materia sarà l’Agcom: chi viene eletto o riceve un incarico comunica se ha utilizzato i servizi di piattaforme di ‘profiling’ – ma la segnalazione può arrivare anche da terzi – l’autorità si occupa poi di effettuare i controlli ed emanare le sanzioni. La proposta prevede due tipi di sanzioni combinate: innanzitutto ineleggibilità e decadenza per chi riveste una carica politica e ha collegamenti con aziende ‘profiler’, oltre a sanzioni per le piattaforme che prestino i propri servizi in maniera non trasparente o non tracciabile.