Con o senza TIM l’Italia è in grado di assicurare a tutti entro il 2022-2023 la rete unica di nuova generazione. Ne è convinto Franco Bassanini, presidente di Open Fiber (OF), che nell’intervista rilasciata a Repubblica oggi in edicola, manda un messaggio al Governo per risolvere il dossier del futuro della rete unica.
Il piano senza TIM
Se gli azionisti di Tim non fossero d’accordo al merger fra le sue infrastrutture ed Open Fiber, “in questo caso non resterebbe che una strada: che il governo decidesse che comunque, con Tim o senza, occorre assicurare a tutti entro il 2022/3 la rete unica di nuova generazione di cui il Paese ha bisogno: chiamare dunque a raccolta in Open Fiber tutti quelli che ci stanno, a partire da Cdp e Enel, alle altre Telco (Vodafone, Wind-Tre, Iliad, Tiscali, Sky, Sorgenia, Tiscali), e agli investitori infrastrutturali (Kkr, Macquairie, i fondi pensione, le casse di previdenza) per raccogliere le risorse necessarie per un piano di copertura integrale del territorio nazionale con la fibra, il 5G, l’edge cloud. Oggi OF cabla 3 milioni di case all’anno, così si potrebbe salire a 4 o 5 milioni e il gioco è fatto. Tim deciderà poi se aggregarsi o meno”, ha detto Bassanini.
Il presidente di Open Fiber, prima di giungere a questa conclusione, è favorevole alla presenza di TIM per la realizzazione della rete unica, ma ha sottolineato le condizioni.
Perché l’ipotesi merger Tim infrastrutture-Open Fiber
“Tim infrastrutture potrebbe fondersi con Open Fiber in una società unica neutrale e non verticalmente integrata, che avrebbe in Cdp il suo anchor investor”, ha spiegato. Quanto ai vantaggi per gli azionisti Telecom, tra cui c’è la francese Vivendi con il 24%, Bassanini ha immaginato: “Il governo potrebbe proporre incentivi volti a valorizzare adeguatamente gli asset di Tim. Per esempio caricando sulla infrastruttura unica una quota del debito e del personale di Tim più che proporzionale. O prevedendo una remunerazione degli stranded costs dell’accelerata dismissione del rame, come si fece in passato nel settore elettrico”.
Roberto Gualtieri: “No allo ‘spezzatino’ Tim ma rete a banda larga con un forte ruolo pubblico“
Dunque sono diverse le strade per giungere alla rete unica E su questo obiettivo anche il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha ritenuto fosse giunto il momento di precisare meglio il suo pensiero. Facendo sapere che la sua posizione non è, come è stato raccontato nei giorni scorsi, di supporto a Tim nel punto cruciale in cui si deve stabilire a chi spetterà il controllo della società della rete. Fonti vicine al ministro, infatti, fanno sapere che il ministro non è favorevole al fatto che sia Tim l’azionista di maggioranza di tale società, come invece richiesto dall’Ad del Gruppo TIM Luigi Gubitosi. Su questo punto, dunque, Gualtieri si trova allineato con i pareri espressi dalle altre componenti governative, in particolare dal MiSe.
“Il tentativo del governo nel difficile negoziato in corso è quello di assicurare la creazione di una società della rete a banda larga con un forte ruolo pubblico, per realizzare la transizione rapida alla fibra, dando vita ad una infrastruttura indipendente, che assicuri quindi a tutti gli operatori di mercato l’accesso agli utenti finali in modo paritario”. Questa è la posizione del Mef.
Il 31 agosto via libera a FiberCop?
“La costituzione di una società separata della rete da parte di Tim è un passaggio rilevante e opportuno, che il Governo auspica possa collocarsi in un percorso volto alla costituzione di una rete aggregata indipendente. Da questo punto di vista, l’interesse all’investimento in questo progetto da parte di qualificati investitori istituzionali è valutato positivamente”, fa sapere Roberto Gualtieri.
L’ultimo riferimento del ministro è a FiberCop, allo scorporo della rete (seppur parziale) che Tim vuole avviare con il prossimo CdA del 31 agosto, come annunciato da Gubitosi.
“Questo è considerato un primo passo importante sulla strada della creazione della rete unica, anche se solo il primo. Gualtieri ritiene invece molto meno praticabile la scissione in due di Tim, come vorrebbero Buffagni e altri nella maggioranza”, scrive Repubblica.
“Ma in un secondo momento, nelle intenzioni di Gualtieri, Telecom si dovrà convincere a scendere nell’azionariato e far spazio allo Stato. La leva su cui vuol giocare il Mef è quella dei futuri investimenti, incluse le risorse derivanti dal Recovery Plan. Per accedervi la società della rete non potrà essere controllata da un operatore privato. Allo stesso modo se si vorrà procedere alla fusione di FiberCop la quota azionaria in capo a Telecom non potrà che diluirsi e quella della Cdp salire”, è l’analisi di Repubblica.