Il caso italiano

Banda larga e innovazione. Quale modello per l’Italia?

di Andrea Bonaccorsi, Professore ordinario di Ingegneria Gestionale all'Università di Pisa - Alessandro Bruni, Fondatore Naima Consulting |

La peculiare struttura produttiva del paese e la ricchezza di opportunità legate alle filiere connesse e da connettere (mobilità, turismo, beni culturali, paesaggio, qualità della vita urbana, beni comuni) aprono prospettive per una nuova stagione di innovazione diffusa. La strada che sta iniziando a prendere l’Italia, per recuperare il ritardo accumulato, però, non è necessariamente la migliore.

Con la diffusione della banda larga in tutti i paesi europei si stanno moltiplicando gli studi accademici che esaminano l’impatto sull’economia e sulla società. I paesi che hanno raggiunto una elevata penetrazione possono già vedere i risultati diffusi. Possiamo trarre molte importanti lezioni per il caso italiano, dato che, come sappiamo dal Digital Economy and Society Index (DESI) europeo, siamo tra i paesi in ritardo. Ma, come vedremo, questi studi suggeriscono che la strada che sta iniziando a prendere l’Italia per recuperare il ritardo non è necessariamente la migliore. In questo articolo mi propongo di sintetizzare alcuni studi recenti e di tratte indicazioni per il dibattito nel nostro paese.

In riferimento al caso italiano, è appena il caso di osservare come sia passato come un dato indiscutibile il concetto di “rete unica”. Ad un lettore distratto l’idea che di reti ve ne debba essere una sola appare ovvio e la presenza di più operatori sembra uno spreco, una ridondanza inaccettabile. Forse una lettura un poco più attenta delle esperienze di altri paesi aiuterebbe.

Banda ultralarga e caso italiano

La premessa è condivisa da tutti gli studiosi: la diffusione dell’accesso a internet ad alta velocità presso le famiglie e le imprese contribuisce alla crescita economica, tradizionalmente misurata attraverso l’aumento del PIL pro capite. L’effetto si manifesta attraverso l’aumento della produttività delle imprese e la generazione di nuove attività imprenditoriali, in risposta alla domanda di applicazioni e servizi innovativi. La cosiddetta banda ultralarga (fast broadband) è quindi considerata la tecnologia abilitante per eccellenza dei processi di innovazione in tutti i paesi. Le applicazioni della banda ultralarga migliorano la produttività dei lavoratori qualificati e sostituiscono le attività a minore qualificazione. L’effetto netto sull’occupazione è variabile nei vari paesi, in gran parte in funzione della velocità con cui aumentano le competenze dei lavoratori e si creano nuove competenze digitali nelle scuole e nelle università. Possiamo dare per acquisita una risposta positiva alla prima domanda: conviene aumentare la penetrazione della banda ultralarga? Una imponente mole di studi risponde positivamente.

In questo momento sono due i nuovi punti di attenzione:

– dall’enfasi sulla penetrazione della banda ultralarga al ruolo della velocità di accesso come abilitante all’uso di servizi avanzati

– dalle politiche pubbliche per l’accesso al policy mix tra offerta e domanda di servizi.

Il Box 1 contiene alcune definizioni tecniche utili a orientarsi nel tema.


Box 1
Alcune definizioni utili

BANDA

Nell’ambito dei sistemi di trasmissione dati (di qualunque tipo, audio, video) la banda identifica la quantità di informazione che può essere trasmessa nell’unità di tempo. Si misura in bit al secondo o multipli come in Kbit/s o Mbit/s per indicare la trasmissione di migliaia o milioni di bit al secondo.

BANDA ULTRALARGA

La banda ultralarga consiste nella capacità delle reti di inviare dati ad altissima velocità, equivalente ad almeno 100 Mbps (definita “ultra fast broadband” nell’Agenda Digitale Europea) o ad almeno 30 Mbps (“fast broadband”).

LATENZA

Nell’ambito dei sistemi di trasmissione dati , la latenza è l’intervallo di tempo che intercorre fra il momento in cui arriva l’input al sistema e il momento in cui è disponibile il suo output, in altre parole la latenza misura la reattività della rete che è una componente fondamentale della velocità della rete percepita dall’utente finale

TECNOLOGIE DI TRASMISSIONE

La trasmissione può avvenire con diverse tecnologie: sul filo di rame della linea telefonica tradizionale (doppino), con trasmissione wireless, o con fibra ottica. La fibra ottica è l’unica tecnologia che garantisce modalità di trasmissione totalmente simmetrica, nella quale la velocità in upload (dall’utente verso i fornitori dei servizi) è uguale a quella di download (dai fornitori dei servizi all’utente)

ULL (Unbundling Local Loop)

In seguito alla liberalizzazione del mercato delle TLC gli operatori possono usufruire delle infrastrutture installate e gestire da un altro operatore (in generale chiamato “incombente”: in Italia Telecom Italia o TIM), pagando un canone.

VULA (Virtual Unbundled Local Access)

Modalità di accesso basata sull’affitto da parte degli operatori indipendenti dell’intera tratta dalla centrale dell’incombente (TIM) fino all’abitazione. Il traffico generato dai clienti viene consegnato all’operatore attraverso un kit VULA messo a disposizione da TIM. In Italia operano in VULA Fastweb, Wind Tre, Tiscali e Vodafone.

FIBRA OTTICA

Materiale realizzato in silicio purissimo o polimeri, di dimensioni micrometriche, in grado di guidare un campo elettromagnetico ad alta frequenza. Nelle telecomunicazioni un cavo in fibra ottica è in grado di trasmettere segnali a lunga distanza senza soffrire delle limitazioni tipiche del rame quali l’attenuazione e l’interferenza e quindi di consentire l’accesso a reti a banda ultralarga (da oltre 100Mb/s al petabyte).

FTTC Fiber-to-the-cabinet (“fibra fino all’armadio”)

Indica l’arrivo della fibra ottica ad una cabina esterna molto vicina all’unità immobiliare o all’armadio distributore. In generale l’armadio si trova entro 300 metri rispetto alla sede dell’utente.

FTTB – Fiber-to-the-building (“fibra fino all’edificio” )

Indica l’arrivo della fibra ottica fino all’edificio (limite del palazzo per il condominio o di abitazioni a schiera). Il collegamento con l’interno dell’abitazione può avvenire anche su filo di rame.

FTTH – Fiber-to-the-home (“fibra fino a casa”)

Indica l’arrivo della fibra ottica direttamente all’interno della singola unità abitativa. Solo nelle reti FTTH si ha la garanzia che l’intera trasmissione avvenga completamente in tecnologia fibra ottica.


La fibra ottica

Nonostante che l’accesso in banda larga sia possibile con varie tecnologie (filo di rame, reti mobili, fibra ottica: vedi Box 1) vi è consenso unanime sul fatto che sia solo la fibra ottica la tecnologia in grado di sostenere la banda ultralarga per la costante espansione del fabbisogno di banda delle applicazioni. E, all’interno delle modalità con cui la fibra ottica viene messa a disposizione, si ritiene che l’accesso fino all’unità immobiliare (FTTH vedi box 1) sia la soluzione di gran lunga superiore, in quanto è l’unica a garantire massima banda, simmetria tra upload e download e minima latenza, fattori questi ultimi due spesso trascurati, ma fondamentali per la velocità percepita della connessione ed essenziali in molte applicazioni interattive di crescente diffusione, quali il gaming, il training, la telepresenza, e-health e molte altre.

Una volta garantito l’accesso in fibra ottica all’unità immobiliare (FTTH), poi, si pone la questione della convenienza ad aumentare la velocità di trasmissione, posto che la fibra consente un ampio range di prestazioni in download e upload. La domanda non è più se convenga portare la fibra (penetrazione) ma se convenga aumentare la prestazione dei servizi (velocità). La domanda non è semplice perché la richiesta di velocità di trasmissione dipende dai servizi che sono abilitati, i quali però a loro volta hanno un prezzo che dipende dalla diffusione degli accessi a banda ultralarga. Una volta garantito l’accesso, non è affatto scontato che gli utilizzatori acquisiscano nuovi servizi che richiedono accesso ad alta velocità.

Per le famiglie i servizi digitali minimi (navigazione, mail, e-commerce, e-banking) sono infatti accessibili anche con velocità ridotte, mentre l’accesso ad alta velocità è indispensabile per i servizi in streaming e interattivi. Analogamente, per le imprese i servizi di base sono compatibili con velocità ridotte, mentre i servizi avanzati (Customer Relationship Management, Supply Chain Management, data recovery, Cloud Computing, applicazioni 4.0) richiedono accesso ad alta velocità. Di fatto però il fabbisogno di banda aumenta nel tempo: la crisi Covid ha mostrato come diventi essenziale per le famiglie avere connessione veloce per un uso simultaneo di più persone per le attività quotidiane di intrattenimento quali la fruizione di contenuti video o i videogiochi online, ma soprattutto lavorative, quali la didattica a distanza e lo smart working, con la crescita repentina della necessità di banda in upload, cioè dall’utente verso i fornitori dei servizi.

I vantaggi della velocità

Gli studi più recenti si sono posti dunque l’obiettivo di verificare se, in aggiunta alla penetrazione sui territori, esista un impatto positivo della velocità. Le risposte sono ampiamente positive: una volta installato l’accesso, l’aumento della velocità di connessione produce effetti positivi in termini di produttività delle imprese e di crescita economica. 1

Il secondo punto di attenzione riguarda le politiche pubbliche. La realizzazione di infrastrutture di accesso alla banda ultralarga ha rappresentato probabilmente il più poderoso esempio di intervento pubblico in economia degli ultimi decenni. Tutti i governi OCSE hanno varato programmi pluriennali basati su incentivi all’entrata di operatori e sussidi alla infrastrutturazione da parte degli incombenti. L’argomento che l’accesso alla banda ultralarga è soggetto a elevatissimi costi fissi, incertezza della domanda, forti esternalità positive, ha convinto tutti i governi ad autorizzare ingenti aiuti di Stato in risposta ad un fallimento del mercato privato. 2

Le politiche pubbliche

Con la diffusione dell’accesso su larga scala oggi ci si chiede se le politiche pubbliche si debbano limitare all’accesso o se si debba porre sul tavolo l’obiettivo dell’utilizzo effettivo della banda ultralarga, ovvero della digitalizzazione della società. 3 Questa domanda porta con sé due altre questioni:

– come favorire il lato della domanda di servizi digitali

– come regolare la competizione

Nel momento in cui si riconosce che l’impatto più incisivo si ottiene aumentando progressivamente l’utilizzo di applicazioni della banda ultralarga, l’asse delle politiche pubbliche si sposta dal lato dell’offerta (politiche supply-side) al lato della domanda (demand-side), realizzando un adeguato policy mix. Qui il settore pubblico può giocare vari ruoli: di acquirente intelligente (digitalizzazione della PA), di supporto alla formazione delle competenze digitali in scuole e università, di regolatore della competizione di mercato. 4

In quest’ultimo ruolo si pone una ulteriore domanda: qual è stata finora l’efficacia del modello di regolazione della competizione adottato dai vari governi? Qui la distinzione fondamentale è tra regolazione della competizione basata sui servizi o basata sulle infrastrutture. Abbiamo qui due soggetti distinti: il gestore della infrastruttura e l’impresa che offre servizi applicativi, comprando banda all’ingrosso dal gestore della infrastruttura e vendendo servizi retail al pubblico (imprese e famiglie). Se il gestore della infrastruttura è anche attivo nella vendita di servizi si dice che è “verticalmente integrato”. La domanda di partenza della regolazione, dando per scontata la concorrenza tra fornitori di servizi, è se il gestore della infrastruttura debba essere uno solo, oppure più di uno.

La competizione

La competizione basata sui servizi riconosce che la infrastruttura in banda ultralarga ha elementi di monopolio naturale, che vengono gestiti in modo più efficiente con una infrastruttura unica sul territorio. Il gestore della infrastruttura, secondo i principi generali dell’accesso alle infrastrutture essenziali previsti dall’ordinamento comunitario, deve garantire pari condizioni ai fornitori di servizi, che pagano un prezzo di accesso alla rete e sviluppano in concorrenza le offerte al mercato finale. Il prezzo di accesso è regolato dall’autorità pubblica allo scopo di eguagliare le condizioni di partenza dei vari concorrenti.

La competizione basata su infrastrutture invece si basa sulla idea che il fallimento del mercato nella infrastrutturazione dipenda non da condizioni immodificabili (in gran parte determinate dal costo fisso iniziale) ma dalla ampiezza del mercato finale. Se il mercato dei servizi si allarga, allora potrebbe esservi spazio per più gestori di infrastrutture, i quali potrebbero competere sulla qualità del servizio wholesale (vendita di banda all’ingrosso).

In questa prospettiva sarebbe conveniente per il decisore pubblico co-finanziare investimenti alternativi e porre in competizione i gestori di infrastrutture. Un ulteriore argomento per questa linea di pensiero è che la regolazione di un gestore unico potrebbe essere soggetta a “cattura del regolatore”. A causa delle asimmetrie informative sui costi di produzione, il gestore unico potrebbe ottenere un prezzo all’ingrosso elevato, che quindi aumenta i suoi profitti ma riduce i profitti dei fornitori di servizi applicativi, scoraggiandone l’entrata. Questo rischio è naturalmente molto più elevato se il gestore della infrastruttura è integrato verticalmente, cioè compete anche sui servizi finali.

La regolazione

La regolazione basata sulle infrastrutture solleva tuttavia un ulteriore problema, nel caso che il decisore pubblico decida di sussidiare l’investimento, ovvero la possibilità di concorrenza sleale verso gestori privati, con l’effetto di spiazzare gli investimenti privati.

Vari studi recenti hanno confrontato le esperienze di regolazione dei paesi OCSE. Proverei a riassumere i principali risultati. 5

Primo, se l’obiettivo è ampliare l’utilizzo di servizi digitali, occorre tenere presente la elasticità della domanda al prezzo. Vari studi indicano che gli utenti sono molto sensibili al prezzo per i servizi ad alta velocità di trasmissione. 6 Occorre quindi preservare la concorrenza sui lservizi allo scopo di tenere bassi i prezzi finali. I bassi prezzi finali non sono un ostacolo alla redditività dei fornitori di servizi se i volumi aumentano più che proporzionalmente rispetto al prezzo e se, come avviene nelle tecnologie digitali, la componente principale dei costi ha natura fissa.

Secondo, il gestore della infrastruttura che opera in monopolio tende ad ottenere un prezzo di monopolio per i propri servizi. 7 Questo si traduce nell’influenzare il regolatore allo scopo di ottenere un prezzo all’ingrosso molto superiore al prezzo di concorrenza. I fornitori di servizi a valle sono obbligati a trasferire a valle il costo di accesso, aumentando i prezzi. Data l’elasticità della domanda, questo si traduce in una restrizione delle quantità domandate, e quindi dell’ampiezza del mercato. L’effetto dinamico è quindi opposto a quello virtuoso descritto in precedenza. Gli studi più recenti indicano che una competizione tra infrastrutture può avere l’effetto di ampliare il mercato finale, realizzando meglio gli obiettivi di policy.

Terzo, l’investimento pubblico non spiazza l’investimento privato ma è ad esso complementare. Quando l’operatore pubblico sussidia la infrastrutturazione, non crea distorsione del mercato in quanto l’effetto finale di allargamento della domanda aumenta la convenienza anche per gli operatori privati. 8

Quarto, le politiche pubbliche più efficaci si basano su un mix tra offerta e domanda. 9 Dal lato della domanda hanno peso crescente l’uso della domanda pubblica (Public Procurement) e la formazione delle competenze digitali. L’esperienza dei paesi più avanzati è che la domanda finale inizia a crescere esponenzialmente quando si realizzano insieme ampia penetrazione della banda ultralarga, bassi prezzi di accesso alla rete all’ingrosso, bassi prezzi dei servizi finali, disponibilità di competenze presso gli utilizzatori. Si tratta di un circuito dinamico domanda-offerta che viene inizializzato dall’operatore pubblico, ma poi prende accelerazione spontanea e sostenibile.

È a questo punto che si mette in moto un processo di innovazione “autocatalitico” in cui l’aumento di domanda, favorito dalla discesa dei prezzi, produce incentivi alla entrata di nuove imprese che sviluppano servizi applicativi di nuova generazione. La peculiare struttura produttiva del paese e la ricchezza di opportunità legate alle filiere connesse e da connettere (mobilità, turismo, beni culturali, paesaggio, qualità della vita urbana, beni comuni) aprono prospettive per una nuova stagione di innovazione diffusa.

1 Rohman e Bohlin (2012) stimano per 33 paesi OCSE che un raddoppio della velocità della banda abbia un effetto sul tasso di crescita del PIL dello 0.3%. Si vedano gli studi di Grimes et al. (2012), Gruber et al. (2014), Sosa (2015), Lapointe (2015), Bay (2017) e Hasbi (2017). Una sintesi completa degli studi recenti è offerta da Abrardi e Cambini (2019).

2 Le politiche pubbliche di vari paesi sono esaminate in dettaglio da Biglauer e Gugler (2013; 2019), Boik (2017), Duso et al. (2018). Una lettura sistematica comparativa è fornita da Ruhle et al. (2011) e Belloc et al. (2012).

3 Gli economisti usano due definizioni molto specifiche per distinguere gli effetti: la prima volta che una tecnologia viene adottata si parla di “margine estensivo” del processo di diffusione, misurato attraverso la percentuale di adottanti sul totale della popolazione. Una volta effettuato il primo utilizzo si parla di “margine intensivo”, a indicare che può variare di molto la intensità di utilizzo per chi ha già adottato. Il margine estensivo tende a crescere con un andamento ben conosciuto a forma di S, mentre il margine intensivo dipende da processi di apprendimento nell’uso la cui dinamica è difficilmente prevedibile.

4 Sul concetto di policy mix applicato alla banda larga si vedano Gillett et al. (2004), Kroll (2016), Feijo et al. (2018). Il caso italiano è analizzato da Nucciarelli et al. (2013), anche in riferimento alle politiche regionali e urbane.

5 Vedi gli studi di Belloc et al. (2012), Briglauer et al. (2013; 2016), Neokosmides et al. (2015), Falch e Henten (2018).

6 Questo tema è stato studiato tra gli altri da Cardona et al. (2009), Carare et al. (2015), Jung et al. (2017).

7 L’effetto di prezzi di monopolio è esaminato da Cardona et al. (2009).

8 Si parla in questo caso di concorrenza sleale dell’operatore pubblico rispetto a quello privato. Sulla base dell’esperienza OCSE Mölleryd (2015) esclude la presenza di concorrenza sleale. Wilson (2017) riporta l’esperienza USA nella quale alcune Stati hanno bloccato le infrastrutture pubbliche promosse dalle municipalità locali e mostra che il divieto di intervento pubblico provocherebbe un lieve aumento dei profitti degli operatori privati, ma una larga perdita complessiva.

9 In particolare, viene enfatizzato che le politiche di sussidio alla infrastruttura corrispondono alla fase iniziale, mentre in fasi più avanzate vengono introdotte politiche dal lato della domanda. Si veda Belloc et al. (2012).

REFERENZE SCELTE

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