La tecnologia mobile ultraveloce di nuova generazione “rappresenta per ciascun attore in campo un’opportunità straordinaria di incrementare notevolmente il proprio fatturato”, ma al contempo occorre tenere sotto controllo “gli aspetti strettamente tecnici, che già di per sé configurano il 5G come potenzialmente foriero di rischi dal punto di vista della sicurezza nazionale”. Ha iniziato così l’audizione, alla Commissione Tlc della Camera, Gennaro Vecchione, direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Rischi del 5G che vanno compresi e prevenuti, affinché si possano sfruttare appieno tutte le opportunità che la tecnologia mobile di quinta generazione offre per la crescita e lo sviluppo del Paese.
Allora come gestire i rischi del 5G in Italia? Con 3 misure
Ecco le due misure proposte da Vecchione, durante l’audizione, al Parlamento e al Governo.
“Migliorare e completare il Golden Power”, questa è la prima indicazione del Dg del Dis al Governo Lega-M5S, che ha esteso la disciplina dei poteri speciali anche al 5G, con l’obbligo di notifica a Palazzo Chigi, al fine dell’eventuale esercizio del potere di veto o di imposizione di specifiche prescrizioni, da parte di soggetti che vogliono stipulare contratti o accordi, aventi ad oggetto l’acquisto di beni o servizi attinenti alla realizzazione, progettazione, la manutenzione delle reti inerenti i servizi a banda larga basati sulla tecnologia 5G.
Il Golden Power, “rimane a sua volta suscettibile di essere migliorato e completato con interventi integrativi”, ha detto Vecchione, “volti:
- a conferire maggiore organicità alla disciplina
- ed a definire un corpus normativo più coordinato”.
Sono entrambe esigenze rilevanti, ha spiegato il capo del Dis, per “garantire livelli massimi di sicurezza a protezione dei nostri dati e delle nostre infrastrutture strategiche, chiunque sia il fornitore di componenti, apparati e sistemi”.
La seconda misura per gestire i rischi del 5G: uno speciale perimetro nazionale di sicurezza cibernetica
La seconda misura per gestire i rischi del 5G proposta da Gennaro Vecchione al Legislatore è la “creazione di uno speciale perimetro nazionale di sicurezza cibernetica, che mira a definire un sistema organico di misure e procedure di sicurezza a tutela di reti, sistemi e servizi informatici”. Precisamente ha evidenziato “che dall’inclusione in questo perimetro, deriverebbe l’obbligo per le P.A. e gli operatori privati interessati di rispettare particolari misure di sicurezza”.
Infine, il direttore generale del Dis ha fatto riferimento anche al Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale, il CVCN, istituito da Luigi Di Maio, presso il Ministero dello Sviluppo economico, perché “uno dei cardini del Piano Nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico”, ha ricordato Vecchione, che ha fatto anche sapere che il Dis sta fornendo incondizionato supporto al Cvcn.
Ma c’è un enorme problema. Il Cvcn non è ancora operativo: è stato istituito 6 mesi, il 12 dicembre, con la firma Di Maio sul decreto ministeriale, rinviandone però l’operatività a un successivo decreto applicativo che deve essere emanato dal direttore dell’Iscti (Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell’informazione).
Non ancora operativo il Cvcn, “uno dei cardini del Piano Nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico”
Così lo “scudo” italiano contro le minacce sul 5G esiste per ora sulla carta. Siamo sguarniti.
E chissà se verranno accolte le due proposte del direttore generale del Dis, Gennaro Vecchione, quella di rafforzare la nuova normativa sul Golden Power e creare, il prima possibile perché il 5G è prossimo anche in Italia, uno speciale perimetro nazionale di sicurezza cibernetica.