Siamo in piena corsa mondiale per il 5G. Una tecnologia strategica che cambierà rapidamente la nostra economia, perché abiliterà nuove industrie e servizi, perché collegherà tra loro miliardi di oggetti smart dell’Internet delle cose, perché faciliterà l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei robot industriali, perchà favorirà l’automazione diffusa e l’avvio della mobilità autonoma, rilanciando il paradigma urbano delle smart cities.
I vantaggi del 5G sono diversi, dalla velocità alla capacità di reggere contemporaneamente un elevatissimo numero di connessioni attive.
C’è grande attesa da parte del mondo dell’industria e delle imprese, perché se le stime di GSMA sono esatte, entro il 2034, il 5G garantirà una crescita del PIL mondiale pari al 5,3%, o 2.200 miliardi di dollari.
Inevitabilmente, anche la politica avrà un ruolo attivo, favorendo gruppi di aziende a scapito di altri, come nel caso dello scontro Washington-Pechino per la supremazia sul mercato globale delle infrastrutture di rete 5G.
Nei giorni scorsi, la China Academy of Information and Communications Technology ha rilasciato dei nuovi dati relativi alle intenzioni di spesa in infrastrutture 5G in Cina: dai 134 miliardi di dollari del 2020 ai 224 miliardi di dollari del 2025.
Durante questo periodo gli operatori di rete e i fornitori di tecnologia per il 5G potrebbero raggiungere un monte ricavi complessivo di 284 miliardi di dollari per il periodo considerato.
Le ambizioni cinesi molto probabilmente forniranno un gancio anche alle aspettative di altri Paesi del Sud Est asiatico, che entro un anno o due potrebbero lanciare le prime reti commerciali 5G.
Thailandia e Vietnam hanno annunciato, ad esempio, i primi servizi mobili di nuova generazione entro la fine del 2020.
Seguiranno Cambogia, Laos, Filippine, Malesia e Indonesia.
Si tratterà in realtà di un lavoro di dispiegamento di reti sia 4G, sia 5G.
Il Sud Est asiatico mostra un gap di quasi 5 anni anche per la rete di quarta generazione.
Ecco perché è giunto anche per questi Paesi il momento di un salto epocale, che proprio Pechino potrebbe accelerare.
In questa parte dell’Asia lo scontro tra Cina e Usa sul 5G non sembra avere un’eco rilevante, nel senso che in questi Paesi di bannare la tecnologia Huawei o ZTE non ci pensa proprio nessuno, o almeno fino ad ora nessuno si espresso in tal senso.
Probabilmente, secondo quanto riportato da Nikkei Asia Review, le pressioni di Washington qui non hanno contato sulla stessa capacità di persuasione raggiunta in Giappone, Australia e Nuova Zelanda.
Il motivo? Lasciando da parte la politica, semplicemente “business as usual“, i fornitori cinesi costano mediamente il 25-30% in meno rispetto ai concorrenti americani ed europei.
Come ricordava un articolo del Business Times dello scorso mese, da queste parti nessuno si è dimenticato i fatti legati agli scandali NSA del 2013 e Cambridge Analytica-Facebook del 2018.
Questo per dire che i problemi di sicurezza sollevati da Donald Trump contro Huawei e ZTE sono gli stessi che riguardano altri Tech Giants globali, molti dei quali americani ed europei, tra cui Google, Apple e Samsung.
Attorno al 5G potrebbe svilupparsi nel Sud Est asiatico un giro di affari di 1.200 miliardi di dollari entro il 2024, secondo l’agenzia di stampa UNB su dichiarazioni di James Wu, Presidente di Huawei South East Asia, al Mobile World Congress di Barcellona di quest’anno, con 80 milioni di nuovi abbonati proprio nel Sud Est asiatico e una crescita del PIL di 5-6 punti percentuale in più rispetto a oggi.
L’Asia sarà terreno di scontro anche in futuro, tra sfere di influenza cinese e americana, secondo GSMA (“The Mobile Economy Asia Pacific 2018”) perché in ballo ci sono numeri da capogiro: entro il 2025 si attendono 3,2 miliardi utenti di rete mobile, 4,8 miliardi di sim attivate, 3,9 miliardi di smartphone, ricavi complessivi per 454 miliardi di dollari, 675 milioni di connessioni 5G e 11 miliardi di connessioni per l’Internet of Things.